Cosa diventare: Esperto di benessere digitale

La tecnologia è entrata a far parte della nostra vita. E ne è diventata una parte essenziale, in particolare per i più giovani.

I dati Istat più recenti lo mostrano chiaramente: Il 65,8% delle persone di 6 anni e più si è connesso alla Rete negli ultimi 12 mesi, mentre circa il 47,6% accede tutti i giorni. Però le cifre cambiano se ci focalizziamo solo sui giovani: nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni oltre il 92% degli italiani si collegano alla Rete tutti i giorni e prevalentemente attraverso uno smartphone.

Un'altra ricerca, realizzata in questo caso da WeAreSocial (i dati completi sono disponibili qui: https://goo.gl/Y26zvS), ci spiega invece per quanto tempo e come i giovani usano i media

I dati mostrano chiaramente come oggi sia ancora dominante il ruolo della fruizione di contenuti audio-video (3 ore al giorno). Solo che rispetto al decennio precedente, il ruolo centrale della televisione è messo in discussione dallo smartphone attraverso l’uso crescente degli strumenti di streaming: da YouTube a Netflix.

L’altro dato significativo evidenziato dai dati è il ruolo centrale giocato dai social media, il cui uso ormai sfiora in media le due ore al giorno. I social media più popolari sono YouTube e Facebook, seguiti da Instagram che risulta essere più popolare nelle ragazze più giovani. Mentre WhatsApp e Facebook Messenger non conoscono rivali tra le app di messaggistica.

Ma perché i giovani usano così tanto i media digitali? La risposta è apparentemente banale: perché preferiscono la comunicazione digitale.

Come raccontato da una recente ricerca realizzata dalla società americana Commonsense (i dati completi sono disponibili qui: https://goo.gl/3UWfHx), è la prima volta nella storia che una generazione – quella degli adolescenti attuali – preferisce comunicare con i propri amici senza guardargli negli occhi, senza vederne i movimenti del corpo.

Perché? La risposta è apparentemente paradossale: per i giovani la comunicazione digitale, anche con i propri amici, è meno problematica e più facile da gestire.

Tuttavia, questa nuova situazione ha reso più problematica la comunicazione faccia-a-faccia e generato una nuova forma di "disagio digitale" che non ricade nelle tradizionali categorie della psicologia clinica: tecnostress, sindrome FOMO (fear of missing out) cioè la paura di essere esclusi da eventi o situazioni online rilevanti, dipendenza dalle tecnologie, ritiro sociale (chiamato anche Hikikomori, dalla parola giapponese «stare in disparte»), cyberbullismo, e così via.

Per esempio, come ha spiegato David Ginsberg, direttore della ricerca di Facebook, l’utilizzo passivo di dei social media, in cui l’utente si limita a leggere e commentare i post senza interagire con le persone, fa star male le persone: induce depressione, ansia sociale e un senso di solitudine.

Compito dello psicologo del benessere digitale è aiutare gli utenti dei media digitali, in particolare adolescenti e giovani, ad affrontare in maniera consapevole l'uso della tecnologia, in modo da evitare il disagio digitale che spesso nasce da un senso di inadeguatezza nei confronti degli "influencer" o degli "amici" digitali.

E' un'attività di tipo libero-professionale, prevalentemente di tipo formativo per genitori e studenti all'interno di scuole e/o associazioni.

Esempi dell'uso pratico di questo tipo di competenze sono:

  1. il progetto Digital Wellbeing di Google;
  2. il sito "Generazioni Connesse"
  3. il progetto ABC Digitale
  4. il progetto Benessere Digitale della Bicocca: